<<La bellezza non è tutto, è l’unica cosa>>.
Scritto, diretto e co-prodotto da Nicolas Winding Refn, The Neon Demon è un film del 2016 presentato in concorso al Festival di Cannes dello stesso anno. Rappresenta finora l’ultima pellicola del noto regista danese e sicuramente una delle più controverse.
Emblematico a questo proposito l’episodio avvenuto alla fine della proiezione durante il festival francese in cui una parte della sala fece una standing ovation mentre l’altra si esibì in fischi e urla contro la pellicola.
Ma facciamo un passo indietro.
Los Angeles. La sedicenne Jesse (Elle Fanning) proveniente da una tranquilla cittadina della Georgia si trasferisce nella città degli angeli per cercare di far avverare il suo sogno: diventare una modella di successo. Giovinezza, naturalezza e innocenza permettono alla ragazza, dotata di una forte carica erotica, di scalare le vette dell’alta moda e di imporsi in quella realtà mondana che solo pochi giorni prima le creava disagio. Quando però qualcuno sale, qualcun altro scende. Il prodigioso successo di Jesse creerà una forte gelosia in alcune modelle dell’ambiente ormai navigate che cercheranno in ogni modo di vendicare il loro essere state messe da parte.
Il regista di Copenaghen ci descrive l’ambiente arrivista, spietato e inquietante per eccellenza: il mondo della moda. Non è un caso che il film sia considerato uno dei più controversi degli ultimi anni visto il modo in cui il regista ci mostra questo mondo. Laddove unqualsiasi regista avrebbe sfruttato le linee di dialogo e un punto di vista esterno e imparziale per raccontare l’ambiente come spesso è successo, Refn ancora una volta si ribella e fa l’opposto.

Raramente i personaggi legati al mondo della moda parlano della realtà in cui sono immersi per fare scuola alla nuova arrivata (e quindi anche a noi). Ma allora come fa il regista danese a raccontare questa storia? Semplice, lo fa attraverso i sensi.
Siamo davanti ad un opera esperienziale e sensoriale come poche ormai si vedono. L’ambiente della moda si racconta attraverso i sensi in un turbinio di perversione ed erotismo.
Udito: la colonna sonora ambient techno a cura di Cliff Martinez avvolge lo spettatore e la protagonista in una dimensione surreale e onirica che solo inizialmente può creare disturbo permettendo in poco tempo di venirne invece magicamente travolti.
Vista: oltre ad essere il senso della contemplazione della bellezza è anche il senso preso maggiormente in considerazione. Da una parte abbiamo la regia di Refn fatta di movimenti di macchina lenti che immortalano delicatamente il corpo dei personaggi all’interno di un ambiente quasi etereo.
Dall’altra la fotografia psichedelica e cupa di Natasha Braier stimola il comparto visivo ipnotizzando lo spettatore e portandolo in uno stato di trance disturbante ma necessario a fargli capire qual’è la visione del regista.
Tatto: dopo la vista, che rappresenta il senso cardine attraverso cui i personaggi di questo ambiente comunicano, Refn cura la sensibilità tattile. Il tocco del corpo altrui viene mostrato in The Neon Demon come una vera e propria invasione dell’altro; esso ha quasi sempre un secondo fine rispetto all’apparente gesto iniziale.
Gusto: per evitare inutili anticipazioni che possano minare l’esperienza, questo senso non verrà analizzato. Vi basti sapere che sarà il senso principale del macabro e inquietante finale.
Ad un comparto tecnico eccellente e ad una scrittura estremamente riuscita che come precedentemente accennato non ricade nella banalità di dire troppo, troviamo un grande comparto attoriale. Le attrici, complice una grande direzione, parlano poco ma comunicano tanto enfatizzando ancora di più l’atmosfera surreale che permea la pellicola. Espressività, fisicità ed erotismo sono i pilastri principali su cui si regge la performance attoriale che il regista mostra quasi con venerazione.
The Neon Demon non è una pellicola per tutti e non ricerca l’approvazione di tutti. Senza ombra di dubbio si tratta di un film forse per molti difficile da comprendere e persino da fruire visto i canoni poco consoni e immediati con i quali l’opera si mostra. Proprio per questo la pellicola, parziale flop di critica e pubblico alla sua uscita, verrà in futuro rivalutata per la sua essenza e per la sua importanza in ambito cinematografico. Sarà la storia a ripagare il lavoro svolto dal grande regista danese che ancora una volta ha cercato di uscire fuori dagli schemi tipici del cinema attuale dando la sua visione di uno degli ambienti più controversi e disturbanti della nostra società