Una favola irriverente per riflettere su nazismo e razzismo.
Ho letto di questo film che è troppo “carino” per il tema di cui si parla. Non trovate che sia assurdo? Come se per parlare di Nazismo e della persecuzione degli ebrei sia richiesto fare per forza un film di un genere determinato: violento oppure drammatico e lacrimevole, e se si sceglie di essere dissacranti bisogna farlo con l’idea di scatenare una reazione violenta nello spettatore.
Jojo rabbit non è così, è una favola dolce e divertente che prende in giro il razzismo in modo surreale e folle, ma sempre in modo “carino”, eh si perchè effettivamente questo aggettivo si addice bene a questo film, ma non nel senso di: “non davvero bello, solo carino”, perchè per me Jojo Rabbit è un film davvero bello. Il regista Taika Waititi è riuscito raccontare un argomento saturato dal cinema e dalla letteratura in modo nuovo.
Anche Benigni con il suo capolavoro “La vita è bella” ha scelto di inserire poesia e ironia in mezzo al terrore dell’olocausto, il risultato è stato un film indimenticabile, commovente e doloroso come pochi altri. Jojo Rabbit non è doloroso, nemmeno quando si ha a che fare con la morte, non ci fa uscire dalla sala in lacrime, né sconvolti. La tristezza e l’amarezza sono sempre a un passo dai noi ma non prendono mai il sopravvento perché vediamo attraverso il filtro del giovane protagonista, una visione intrisa da un’invincibilità infantile e colorata. Girare un film con protagonista un bambino nella Germania nazista senza puntare al dramma può essere difficile ma Taika Waititi ci riesce e ci trasporta verso altri sentimenti, non meno profondi.
Gli ingredienti magici sono dei personaggi costruiti per essere magnetici e indimenticabili, un po’ di follia e sana irriverenza, e un punto di vista completamente nuovo.
Jojo è un bambino di 10 anni, ed è un convinto nazista, talmente ossessionato che il suo amico immaginario è Hitler stesso (Interpretato dal regista Taika Waititi), anche se si tratta di un Hitler molto simpatico che ricorda molto Charlie Chaplin nel film “Il grande dittatore” a cui è un evidente omaggio.
Il mondo di Jojo sembra molto semplice, come quello di tanti altri bambini: ha una mamma amorevole, un migliore amico simpatico e va a scuola per imparare ad essere un bravo nazista.
Un mondo diviso in buoni e cattivi, come è necessario che sia per i bambini.
Chi sono i buoni e i cattivi spesso lo decide la società in cui vivi, soprattutto quando sei ancora un bambino e sei immerso in una società che ti plasma completamente e non hai gli strumenti per distinguere la realtà dalla fantasia.
Gli ebrei sono dei mostri, dei vampiri, leggono nel pensiero e possono ipnotizzarti e farti fare quello che vogliono loro (un po’ come Voldemort e i Mangiamorte con la maledizione Imperius, in Harry Potter). È facile credere a queste storie per un bambino che di ebreo non ne ha mai conosciuto nemmeno uno, come è anche facile credere che i nazisti siano i buoni e gli altri siano i nemici quando non vi è via d’uscita che essere educati dalla gioventù hitleriana per essere al sicuro.
Ma cosa succede quando scopri che i nemici sono più vicini di quanto pensassi tanto da essere le persone a cui vuoi più bene al mondo?
Jojo è costretto a rivalutare le sue certezze quando scopre che sua madre Rosie (Scarlett Johansson) nasconde una ragazzina ebrea in casa, Elsa. Il rapporto che si crea tra i due ragazzini è all’insegna della curiosa scoperta, Jojo è attratto da Elsa perchè è un’ebrea, con tutto quello che il significato della parola si porta dietro per lui, quale bambino non sarebbe curioso di poter parlare con un vampiro? Soprattutto se alla fine sembra non fare poi così tanta paura.
Ma oltre alla curiosità c’è qualcos’altro, Jojo inizia a sentire le famose “farfalle nello stomaco” e a vivere tutti i sintomi del primo amore.
Il mondo stesso va letteralmente in pezzi, ma Jojo no.
La presa di coscienza non è accompagnata dalla disperazione ma da una folle e tranquilla sensazione di invincibilità che contraddistingue il personaggio stesso.
Tutte le certezze sono cadute, il vecchio eroe è stato preso a calci, e allora Jojo, insieme a Elsa, può attraversare un incubo e può farlo con serenità, perchè come dice David Bowie nella canzone che fa da colonna sonora al film:
We can be Heroes, just for one day.

Jojo rabbit è una formula magica composta da una fotografia colorata, calda e rassicurante, da una regia sferzante e da dei personaggi che rimangono nel cuore. Ed è proprio la sua capacità di creare sensazioni delicate ma che vanno in profondità e rimangono a lungo, a rendere Jojo un film assolutamente da vedere, un antidoto contro la paura del diverso, contro le propagande che trovano facili capri espiatori. Una medicina con le sembianze di un tenero coniglietto bianco, a cui non faresti mai del male.