The Revenant – Alejandro González Iñárritu

da | Mar 13, 2020 | Recensioni

L’incredibile storia di Hugh Glass, sotto le mani dell’autore di Birdman, assume la forma di una sacra rappresentazione

The Revevant – Redivivo (2015), girato dal regista messicano Alejandro González Iñárritu, è un adattamento dell’omonimo romanzo del 2003 di Michael Punke, in parte ispirato alla veritiera ma incredibile avventura di Hugh Glass. In un’America di 200 anni fa, un gruppo di cacciatori sotto attacco indiano si trova costretto a fuggire lasciando le pelli e gli animali conquistati. Con l’aiuto dell’esperto Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) e del giovane figlio mezzosangue indiano Hawk, decidono di abbandonare la barca con cui erano arrivati e di proseguire a piedi per un lungo, freddo e difficoltoso ritorno al villaggio.

Durante il tragitto Glass viene massacrato da un orso e, pur tentando in ogni modo di riportarlo a casa, il gruppo condotto dal capitano Henry (Domhnall Gleeson) decide di lasciarlo in una natura proibitiva in attesa della morte, in compagnia di Fitzgerald (Tom Hardy), del giovane Bridger (Will Poulter) e del figlio Hawk (Forrest Goodluck) che hanno il compito di vegliare su di lui.

Ben presto Fitzgerald, che aveva già dato segni di insofferenza, mostra la sua malvagità, non solo ammazzando Hawk, accorso in difesa del padre, ma costringendo Bridger a lasciare Glass in punto di morte, praticamente sepolto vivo.

L’epopea di Glass comincia qui, alla ricerca di una difficile guarigione, di una quasi impossibile sopravvivenza e di una vendetta che diventa ragione di vita.

orologi replica

Quella di Hugh Glass è una leggenda, di quelle da raccontare seduti attorno ad un fuoco. Una leggenda che parla di un uomo che sa adattarsi alla natura, in grado di sopravvivere agli elementi: attaccato da un orso, sepolto vivo, creduto morto, grazie al suo spirito di perseveranza riesce a sopravvivere contro ogni aspettativa.

Una trama molto lineare, ma Revenant racchiude ben più di quello che, a una prima visione, viene etichettato da molti come ovvio e addirittura banale o noioso. 

La ricerca della sopravvivenza e della vendetta, diventano lo spunto per un’altra ricerca, l’esplorazione di ciò che significa essere umani quando tutto sembra essere avverso.

Il film cerca di coinvolgere il pubblico in questa ricerca, facendolo partecipe delle difficoltà create dalle circostanze che portano fisico e spirito al limite. Si lotta per restare in vita e le regole di una società civile non esistono, vige solo la legge della natura. L’uomo, risvegliando i suoi istinti, diviene una bestia che aspira soltanto a sopraffare la preda designata per garantire la propria sopravvivenza.

L’unica cosa realmente essenziale è nutrirsi, adattarsi, rimanere in vita. Oppure no?

L’esplorazione tumultuosa dell’animo umano, si muove tra due poli, quello negativo, incarnato da Fitzgerald, colui che “cerca solo un’altra scusa per uccidere” e quello positivo, rappresentato dalla spiritualità delle tribù indiane. Gli indiani sono coloro che parlano il linguaggio della natura, sono coloro che la rispettano, la loro terra è madre, sposa e figlia allo stesso tempo; i conquistatori, che con una battuta si definiscono esportatori di democrazia, saccheggiano e violentano la terra dei Nativi, trattando questi alla stregua di animali.  Questa Natura, che viene offesa, sfidata, maltrattata, non rispettata dai conquistatori, è presente in maniera dirompente dall’inizio del film e, insieme a Hugh Glass ne è la vera protagonista. 

Tutti i personaggi sono elementi di una vera e propria lotta spirituale tra bene e male, giusto e sbagliato, sacro e profano: l’uomo è piccolo e impreparato per fronteggiare la Natura, ma è la Natura stessa ad accogliere l’uomo che la attraversa, la popola, e in essa trova riparo o nutrimento, a patto che lo si faccia con il rispetto che le si deve.

La Natura, capace di dare e togliere, diventa la trasposizione in personaggio della volontà di Dio e i suoi elementi hanno tutti una parte fondamentale in The Revenant.

L’incredibile storia di Hugh Glass, sotto le mani dell’autore di Birdman, assume la forma di una sacra rappresentazione, ricordando tantissimo un vero e proprio rito misterico. Caratteristica fondamentale dei culti misterici è che l’insieme delle credenze, delle pratiche religiose e la loro vera natura, sono rivelate esclusivamente agli iniziati, i quali hanno l’obbligo di non profanare il segreto, un segreto inesprimibile adeguatamente a parole.

Questo forse è uno dei motivi della forte presenza del silenzio o meglio, dell’assenza della parola e il racconto è disseminato di fatti ed elementi simbolici aggiunti proprio per suggerire qualcosa, per svelare senza dire. In questa sacra rappresentazione che ne fa Iñárritu è possibile riconoscere molti dei componenti comuni dei riti misterici: simboli sacri e cerimonie magiche, sacramenti e rituali di purificazione come sacrifici, abluzioni, digiuni, astinenze sono riconoscibili osservando il film in atteggiamento di silenzio, un silenzio con il quale il film ci avvicina all’ essenza della vita, alla meditazione e alla contemplazione della Natura, di Dio.  

Il silenzio è anche riposo della mente, è per lo spirito ciò che il sonno è per il corpo, nutrimento e ristoro di cui Hugh Glass ha  bisogno per guarire e sopravvivere; ed infatti un’altra caratteristica fondamentale dei culti di mistero è quella di avere carattere salvifico: attraverso il sacrificio, partendo dall’ annullamento, dalla morte, superando prove che mettono alla prova lo spirito, si arriva purificati ad una nuova nascita, al rinnovamento, ad una nuova consapevolezza, alla propria salvezza.  

Attenzione a scambiare The Revenant per un qualsiasi western. Il film è lento? Ci troviamo di fronte ad una sacra rappresentazione, un qualcosa di profondo, di solenne, non di fronte a un semplice film d’avventura. 

Iñárritu lavora scientemente sul tempo e la durata, rallentando per intensificare l’effetto ipnotico e costruire il senso del grandioso, del maestoso, e di una natura ora minacciosa ora amica ma sempre sorgente di forze occulte e sovraumane. Tanto di cappello per aver realizzato un film così estremo, così radicale, così coraggioso ma fatto passare al grande pubblico come un prodotto di genere.

Grande la fotografia Lubezki che sbalordisce per bellezza e realismo. Maestosa interpretazione di Tom Hardy nella parte del malvagio John Fitzgerald, magistrale quella di Di Caprio: nonostante abbia indossato i panni di un personaggio che quasi non si muove, quasi non parla, convince e vince anche questa scommessa.

Iñárritu usa e attraversa diversi generi per piegarli a sé, realizzando qualcosa di nuovo, originale.

 “Quando c’è una tempesta e tu stai di fronte a un albero, se guardi i suoi rami penseresti che esso cadrà, ma se guardi il suo tronco, vedrai stabilità”.  Sono queste le parole che riecheggiano nella mente del protagonista, aiutandolo ad andare avanti. Tutto il film così come Glass, poggia su solide radici ed ha un tronco stabile.

Articoli della stessa categoria:

Assandira – Salvatore Mereu

Assandira – Salvatore Mereu

Presentato in anteprima fuori concorso a Venezia77, ecco Assandira, ultima fatica del regista Salvatore Mereu, tratto dall’omonimo romanzo di Giulio Angioni (2004 - Sellerio). Assandira racconta una storia ambientata in una Sardegna in bilico problematico tra vecchio...

leggi tutto

Vuoi leggere qualcos’altro? Ecco le nostre categorie:

Categorie:

Cineforum

Concorsi

Laboratori

News

Recensioni